Candelara di Pesaro, un borgo fuori dal tempo
Tutti, almeno per sentito dire, conoscono la fama di gran condottiero che da secoli ammanta la figura di Federico da Montefeltro. Solo in pochi, tuttavia, sanno che il primo vero assaggio di gloria per l’urbinate avvenne proprio qui: a Candelara.
E oggi, se ti va, ti porto a scoprire le meraviglie contenute in questo piccolo paesello sulle colline pesaresi.

Uno sguardo sul bel castello di Candelara
Narra la leggenda che un gruppo di uomini, non sapendo dove far sorgere quello che sarebbe diventato il loro villaggio, decise di sistemare tre candele su altrettante colline e di insediarsi poi sul punto meno ventoso, ovvero sull’altura che ospitava la candela che si sarebbe spenta per ultima.
E’ questa la storia che lo stemma di Candelara racconta.
E se la leggenda ha qualcosa di vero, questi uomini, o forse i loro discendenti, devono essersi stabiliti tra il sesto e l’ottavo secolo sulla piana dove oggi sorge la Pieve di Santo Stefano. D’altra parte Pieve significa popolo, un gruppo di esseri umani riuniti in una medesima fede.
L’edificio sacro è stato rimaneggiato più volte nel corso della storia e ai giorni nostri si presenta con un’insolita pianta a croce greca e una struttura muraria in stile romano-gotico. Un caso più unico che raro e decisamente suggestivo.
Rispetto all’antico luogo di culto, è di diversi secoli più giovane il castello, sorto sicuramente dopo l’anno Mille, che in origine doveva essere un semplice gruppo di case circondato e difeso da mura. Questo, adagiato sulla sua collina e perfettamente fuso con il bel paesaggio circostante, andò rafforzando le sue difese negli anni, tanto che nel 1176 venne ritenuto più sicuro e preferito alla Città di Pesaro nel dare rifugio all’illustre Federico Barbarossa dopo la battaglia di Legnano, battaglia che lo vide sconfitto dai comuni dell’Italia settentrionale che, messi da parte gli screzi, si unirono in un’alleanza dal nome Lega Lombarda.

Pieve di Santo Stefano
Ma Candelara non si è solo affacciata sulla storia, ne è stata anche protagonista: era il 1445 quando il castello subì un assedio memorabile, un assedio che cambiò per sempre la storia e lo scacchiere politico italiano. Ma per capirlo occorre fare un piccolo salto nel tempo e nello spazio e tornare al 1443 in quel di Monteluro, oggi sotto il comune di Tavullia.
Il giovanissimo Federico da Montefeltro è già stato nominato Conte di Sant’Angelo in Vado e MERCATELLO, ma all’agiatezza e alle comodità di palazzo preferisce di gran lunga il campo di battaglia. Ed è così che, a capo della sua legione feltria, decide di mettersi al servizio del celebre condottiero Niccolò Piccinino detto il Piccolo, che in questo caso combatte per difendere gli interessi di Milano, di Napoli e dello Stato Pontificio. Nel campo avverso Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, combatte per Firenze, Venezia e per Francesco Sforza.
Tutto per il Piccolo e per Federico sembra andare per il meglio, lo Sforza si è trincerato a Fano e le probabilità che riesca a risollevare le sue sorti sono minime.
Minime ma non nulle, infatti di colpo le truppe di Napoli e di Milano abbandonano l’assedio e Niccolò Piccinino da predatore diventa preda. La situazione degenera, sfociando nella cocente sconfitta della Battaglia di Monteluro.

Il ponte e la bella porta che permette l’accesso al borgo
Ma torniamo a Candelara. Le cose, rispetto a un anno e mezzo prima sono enormemente mutate: il ventiduenne Federico da Montefeltro, a seguito dell’assassinio del fratellastro Oddantonio, è divenuto signore di Urbino; Galeazzo Malatesta, indebitatissimo, è stato costretto a vendere i suoi possedimenti, Pesaro è stata acquistata da Francesco Sforza e data in signoria a suo fratello Alessandro mentre Fossombrone è ora sotto Urbino; il sogno del signore di Rimini di unificare i suoi territori acquisendo Pesaro e fondare così un potente stato adriatico andato in fumo.
E, soprattutto, Sforza e Montefeltro sono ora alleati. Eccoli lì i due condottieri che stanno ponendo sotto assedio il castello di Candelara dove si è trincerato Sigismondo Pandolfo Malatesta, ora nemico dello Sforza. L’hanno completamente accerchiato e l’unica via di fuga lasciata è quella che conduce a Fano.
L’obiettivo di Francesco è quello di pacificare la zona e assicurare al fratello Alessandro anche il retroterra della città avuta in signoria, mentre Sigismondo ha tutta l’intenzione di guadagnare tempo nella speranza che qualche guaio richiami l’avversario a Milano e lo costringa ad abbandonare l’assedio.
E, in effetti, Francesco Sforza dovrà abbandonare presto Candelara, ma non prima del 17 luglio, giorno in cui, con una cerimonia solenne, affida il comando del suo esercito al giovanissimo signore d’Urbino. Un gesto importantissimo, questo. Un onore che lava via l’onta di Monteluro dal cuore e dal curriculum del futuro duca urbinate.
E’ sì, fu proprio Candelara il luogo che vide Federico da Montefeltro affacciarsi sul palcoscenico dei grandi di ogni tempo.
Non è certo da dove arrivi il nome Candelara: forse da festum candelarum, ovvero Candelora, festa della purificazione della Vergine durante la quale si effettua la benedizione delle candele; ma non è neppure escluso che derivi dal latino candela, cioè una fonte di luce, forse in collegamento alla presenza di un antico faro o di fuochi di segnalazione.
Ma se non è sicura la lingua, certi sono gli occhi: Candelara arriva dritta dritta dall’incantevole.