I BRONZI DORATI DI PERGOLA E IL LORO MUSEO
E’ il 26 giugno 1946 quando, dalle parti della piccola frazione di Cartoceto, la terra rivela un segreto ai due agricoltori che la stanno lavorando: un segreto dal peso di oltre nove quintali, un tesoro di oro e di bronzo che di lì a breve il mondo conoscerà come i Bronzi Dorati di Pergola.
A detta degli esperti, il gruppo scultoreo pergolese non è da considerarsi un’eccellente opera d’arte, semmai un buon lavoro d’artigianato. E allora perché tutto questo interesse attorno ai bronzi dorati di Pergola? Il motivo è semplice. Questi rappresentano un’importantissima pagina di storia: stiamo infatti parlando del solo gruppo di bronzi dorati esistente al mondo pervenutoci dall’età romana e tutt’oggi conservato.

L’ingresso del Museo allestito presso il convento di San Giacomo
Sopravvissuti allo scorrere lentissimo di due millenni, i Bronzi hanno dovuto vedersela con un nemico forse più ostico del tempo: la guerra combattuta a suon di carte bollate tra la cittadina cesanense e Ancona. La contesa ha inizio nel 1988, quando i pergolesi si rifiutano di restituire l’Opera prestata per un’esposizione temporanea, addirittura edificando un muro, mattone su mattone, perché nessuno portasse via loro questo pezzo di orgoglio metallico locale.
Oggi le statue, ritraenti in origine un gruppo familiare composto da due donne e da due uomini a cavallo, riposano in una stanza adeguatamente climatizzata presso il Museo appositamente allestito per ospitarle nelle stanze del Convento di San Giacomo.
Piera Vernarecci, l’adorabile ficcanaso che salvò i Bronzi Dorati di Pergola da un nuovo oblio.
La fortuna che accompagna una scoperta non guasta mai, ma perché le cose funzionino davvero servono anche intelligenza e intraprendenza, possibilmente somministrate in dosi massicce. Qualità che di certo non mancano a Piera Vernarecci: probabilmente è grazie a lei se noi possiamo ancora ammirare le celebri sculture e la cittadina di Pergola può vantare un museo ovunque invidiato.
Piera studia presso l’Università di Urbino e, innamorata di Storia dell’Arte, materia su cui ha da poco dato un esame, viene a sapere delle voci che circolano a proposito di un incredibile ritrovamento avvenuto dalle parti di Cartoceto di Pergola, in località Santa Lucia di Calamello. Senza pensarci due volte, la giovane si fionda sul posto, ma non riesce a trovare granché: tutto è già stato fatto sparire. Tutto tranne un minuscolo frammento dimenticato sotto della terra smossa di fresco e che l’universitaria non si lascia scappare.

bronzi dorati di Pergola
Armata del prezioso pezzetto di bronzo dorato superstite, Piera Vernarecci corre dallo zio, il canonico Giovanni Vernarecci, allora ispettore onorario di Fossombrone. Quest’ultimo informa a sua volta le forze dell’ordine locali, ma nemmeno così si riesce a far saltar fuori i reperti celati. Il signor Giovanni contatta allora il Museo archeologico nazionale delle Marche che invia sul posto il suo unico salariato giornaliero, Nereo Alfieri, il quale riesce finalmente a farsi consegnare parte di quel ‘bottino’ che successivamente sequestrerà in nome dello Stato. Nel frattempo si viene a sapere che i contadini che hanno fortunosamente rinvenuto il gruppo scultoreo sono in viaggio verso Roma. Vengono allora allertati i carabinieri della Capitale al fine di prevenire una possibile vendita sul mercato clandestino.
Non sappiamo se i due agricoltori fossero animati o meno da cattive intenzioni (e se sì fino a che punto), ma se è vero quel che scrive Mario Luni nel libro I Bronzi Dorati di Pergola. Un enigma? , cioè che lo stato di estrema frammentarietà della pancia di uno dei cavalli è da ricercarsi nei colpi di piccone inferti dai primi ritrovatori perché convinti contenesse monete d’oro, allora risulta lampante quanto siano stati provvidenziali l’interessamento della studentessa e gli interventi dello zio Giovanni, di Nereo Alfieri e delle forze dell’ordine.
I Bronzi Dorati di Pergola, un mistero mai svelato.
L’abito indossato dal cavaliere meglio conservato, un uomo maturo ma non anziano, è quello tipico dei militari romani d’alto rango in tempo di pace. L’anello che la figura femminile più integra porta al dito suggerisce l’appartenenza all’Ordine equestre e racconta non poco dell’alto livello sociale della famiglia. Questi ed altri elementi fanno capire l’importanza delle persone che il gruppo scultoreo raffigura, ma chi siano di preciso non è dato saperlo: nemmeno i lavori di restauro avvenuti prima tra il 1948 e il 1959 e poi tra il 1975 e il 1986 hanno contribuito a svelare l’arcano.
Diverse sono le ipotesi degli studiosi: probabilmente la più suggestiva – non necessariamente la più veritiera – è quella di Viktor H. Bohm che identifica il cavaliere in Cicerone, nientemeno, e la sua famiglia negli altri elementi del gruppo.
Un’ulteriore domanda da porsi è: che ci facevano i Bronzi Dorati di Pergola sottoterra, dalle parti in cui la Salaria di congiunge alla Flaminia e lontano da centri abitati? Sono il bottino di un antico saccheggio? Si tratta di una damnatio memoriae? Nessuno, almeno per ora, sembra saper dare risposta.
Il Museo
Ovviamente le statue rinvenute nel 1946 nei pressi della frazione Cartoceto rappresentano il piatto forte del sistema museale, ma non ne rappresentano l’unica attrattiva. C’è la sezione archeologica, ricca di mosaici e corredi funerari di età romana; la sezione storico-artistica con i suoi dipinti e le sue sculture; quella di arte contemporanea dove sono esposte opere grafiche del maestro pergolese Walter Valentini; per finire troviamo uno spazio dedicato alla numismatica, 238 monete settecentesche donate al Comune da don Giovanni Carboni.
QUI è disponibile una guida alla città, mentre per maggiori informazioni sul gruppo scultoreo è possibile consultare il SITO DEL MUSEO.